giovedì 16 febbraio 2012

Maledetti Vampiri


Questo è un breve racconto che scrissi tempo fa.
E' del genere dieselpunk (come lo steampunk è una ucronia solo che con una tecnologia simile a quella degli anni 30-40-50 più o meno) con qualche influsso horror.


***
Il cielo è grigio.
Ha un non so che di metallico mentre lo guardo.
Le nubi perpetue che escono dalle ciminiere delle industrie alla fine hanno vinto sul sole.
Sono anni ormai che non si vede più un raggio solare trapassare la corazza di particelle.
Il tasso di suicidi è aumentato vertiginosamente, le piante che ci nutrono ormai crescono solo in enormi serre, sorvegliate dal governo.
Gli alti palazzi svettano come torri nere su una terra malata e morente, monumenti metallici e di cemento della follia umana.
La Fortezza dell'Etere non è più visibile la notte come quando una volta solcava la volta celeste.
Le notizie che ci giungono dall'insediamento spaziale dicono che la terra ormai è circondata da una coltre spessa qualche kilometro, impossibile da spazzare via.
Ma quel che è peggio è che abbiamo risvegliato loro..l'antica razza sotterranea che popolò la terra in un'epoca in cui il sole era già stato oscurato.
Pallidi, con occhi scuri e profondi capaci di vedere oltre le tenebre, alati come pipistrelli e assetati di sangue.
Vengono in stormi, pronti a rapire sfortunati con la loro forza e velocità sovraumana e il loro gran numero.
All'inizio provammo ad abbattterli con la contraerea ma erano troppi.
Per quanti ne uccidevamo tornavano sempre in gran numero pronti a razziare la nostra città.
Maledetti vampiri.
Fu quando la situazione divenne insostenibile che i grandi piloti, veterani delle passate guerre vennero chiamati per reclutare noi ragazzini sbarbati.
Ricordo il primo giorno di addestramento, pensai di salire subito su un aereo e far vedere a quei bastardi quanto valevo ma mi sbagliavo.
Esercizi fisici e  un mucchio di teoria, lezioni su come orientarsi in un cielo plumbeo e senza stelle, meditazione per imparare a rimanere freddi e calcolatori anche nelle situazioni più disperate e per non cedere al senso di claustrofobia che poteva attanagliarti nell'aereo.
Poi cominciarono le esercitazioni con l'aereo.
Ricordo ancora la gioia che provai la prima volta che sentii il rombo del motore ad elica del mio aereo.
Erano aerei usati nella guerra precedente riverniciati con tinte urbane e armati con mitraglitrici, cannoni leggeri, lanciafiamme e arpioni adatti a massacrare le bestie alate.






Le sirene hanno cominciato la loro sinfonia di dolore a cui seguiranno le grida strazianti delle bestie e delle vittime.
Bevo un utlimo goccetto, preparo i sigari e li metto in una tasca per quando finirà la missione.
Il giubbotto di pelle nera mi aspetta sulla sedia, lo prendo e mi avvio verso la pista.
Il mio squadrone, i le ali di acciaio, è composto da 15 piloti.
Tutti sono più giovani di me io ormai sono un veterano, dall'alto dei miei 28 anni.
Finiti i formalismi militari saliamo sui nostri aerei pronti al massacro.
Mentre salgo ed entro nel cockpit non posso fare a meno di provare un immenso affetto per il mio destriero metallico.
Lo scoppiettio dell'avvio del motore mi porta via dai miei pensieri romantici.
Il gruppo, in formazione, parte compatto e decolliamo come angeli in assetto da guerra pronti ad annunciare la morte ai dannati mostri.



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